A lettura ultimata ho un momento di sbatti-ciglia piuttosto in riga con la mia sensibilità decisamente occidentale che cozza con quella giapponese: si riconfermano gran parte delle sensazioni, perplessità divertita - lo confesso - davanti a certi modi di esprimere i propri sentimenti (mordersi a vicenda quando si vuole infliggere del male al proprio partner per riscattarsi), certi modi di pensare e ancora certe ostinazioni che vanno fuori dai miei codici, principi e abitudini, e proprio perché non è un codice con cui io mi relaziono con la realtà immancabilmente arriva quel momento in cui subentra una sorta di retrogusto in mezzo all'assurdo, in cui subentra la fascinazione che si potrebbe provare davanti ad un curioso alieno che si può osservare da lontano. Motivo per cui alla fine si riconferma sempre interessante leggere di questi strani alieni che aprono le finestre all'uomo dall'altra parte del mondo.Bellezza e tristezza, appunto, non fa una piega, per quanto alla fin dei conti non abbia una trama al di fuori di ogni previsione. Le dinamiche si concentrano su una sorta di pentagono: c'è Oki, scrittore ormai in là con gli anni, che desidera tornare sulle tracce di una sua vecchia fiamma, la pittrice Otoko, con cui intrattenne una relazione tanto tempo prima, e che gli permise di scrivere il suo acclamato capolavoro: La sedicenne, dal momento che sì, Otoko aveva solo sedici anni e lui invece proprio non direi che fosse giovane, una sorta di Lolita-Humbert. Tutto sarebbe rose e fiori se le dinamiche si fermassero qui, ma subentra non solo la moglie di Oki, Fumiko, che subisce l'umiliazione del tradimento copiando il suo manoscritto a macchina; ma anche la generazione successiva con il figlio Taichiro e l'allieva della pittrice, la diciannovenne Keiko.Inutile dire che finiranno per andare in una sorta di calderone dove uno sfiora l'altro attraverso il loro ruolo preciso all'interno della storia, come pedine su una scacchiera. Forse in realtà tutto il motore della vicenda è proprio Keiko, che si pone come interprete di una giustizia talmente intransigente da suonare agghiacciante nella sua logica, e proprio per questo quasi disumana, iperbolica, non adatta ad una persona e una mente che fa i conti con la realtà di sempre, di tutti i giorni. Forse è l'unico personaggio che sembra destinato a rimanere a fine lettura, lei sopra tutti gli altri che non possono far nient'altro che farsi trascinare dalla sua corrente - colpevoli forse di una certa passività - , e se messi a confronto risultano più pallidi, più "normali" di sicuro, meno risaltanti; in fondo sono comuni personaggi appartenenti ad una storia che in fondo è la copia di una copia di una copia se guardiamo le dinamiche e la trama. Curioso, è la seconda volta nel giro di un mese di lettura che mi capita di fare i conti con un personaggio che ha idealizzato completamente ciò che lo circonda, lo ha piegato ai suoi principi e lo ha inevitabilmente travisato. Se c'è una cosa su cui sono sicura è che se incontrassi una Keiko nella mia vita..per carità, alla larga da me: agli, rosari, crocifissi, mascotte e così via. Daaah! In tutta la fatalità della vicenda ci ritrovo la moderna tragedia greca, che effettivamente si confa così bene ad una sensibilità come quella giapponese. Più a loro che a noi, paradossalmente. Ed è vero: per quanto guarda caso mi trovi a cozzare pure con i classici greci, subisco anche da loro una certa fascinazione per questi processi così rigorosi e dettati da questa sorta di marchio "sentimentale" indelebile, a cui tutto è dovuto, anche il sacrificio della razionalità e del rassegnato e/o umile ridimensionamento dei propri mali e di quelli altrui. Keiko parte in quarta come una protagonista tutta greca ed è per questo che alla fine riconosco a Kawabata quella soggezione mista a fascino che crea non solo negli altri personaggi, ma anche in me!(Come già specificato: tanto curiosa e affascinante, per carità, ma la dovuta distanza prego)Un mix interessante questo: il senso quasi rivisitato della tragedia greca misto a una sensibilità tutta giapponese, e ne esce fuori Bellezza e tristezza.Oddio, adesso dire che Bellezza e tristezza si ferma solo a questo è errato: si discosta dal semplice scivolare sotto un suo antenato con lo stile di Kawabata, la sensazione che ancora prima della trama subentri la neccessità di dipingere quadri su quadri fra le pagine - proprio come Otoko - tant'è vero che a volte ci sono delle vere e proprie didascalie su opere artistiche. Il suo stile è impegnativo - ci ho messo più tempo rispetto alla mia norma per leggere questo libretto -, come alcuni lo hanno elogiato per questi ritratti così suggestivi dei paesaggi, dei personaggi e delle loro azioni - quasi fossero statue dinamiche sempre pronte a fermarsi e posare per l'autore -, altri lo hanno additato un po' deludenti per lo stesso motivo, questa perdità della spontaneità forse, l'essere più inquadrato, rigoroso o geometrico (ma come parlo, ahahah) rispetto ad altri come Murakami etc. Che dire, so' due autori decisamente diversi, interessante per noi occidentali paragonare i vari autori giapponesi, ma non vedo perché questi debbano per forza rientrare nello stesso insieme, se non per il fatto che abitano nello stesso paese. Come variano un Alfieri e un Goldoni (eh, direi proprio), variano anche Kawabata e Murakami etc etc.Però lo ammetto anche io, questa sensazione di spostarsi solo da quadro in quadro con il filo connettore di una trama non è esattamente ciò che più si addice ai miei gusti, per quanto non possa fare a meno di notare le considerevoli (!) abilità di Kawabata. (Mi vien da ridere a parlare di "considerevoli abilità" in merito a un Premio Nobel, però, va detto oh)Forse l'unica cosa per cui mi sento di storcere il naso è questa altalenante farraginosità dello stile, ogni tanto Kawabata esprime concetti due volte nel giro di poche frasi - come se non riuscissi a tenere il filo del discorso - o ancora prima ripete nomi, aggettivi, parole che danno allo stile quella sensazione della "ripetizione macchinosa".E come inteso prima, i personaggi di questa storia rimangono confinati ai loro quadri, alla loro composizione e sono interessanti proprio perché immersi là e solo là: non sono quei personaggi a cui ti affezioni irrimediabilmente e che ti sentiresti di trasportare qui, nella tua realtà attuale, pensando che questi possano mantenere una loro singolarità se messi alla prova dalla quotidianità. Singolarità che, per inciso, in realtà non sostengono neanche nel loro stesso componimento. Keiko forse rimarebbe "unica", ma io già espressi la mia riluttanza a rapportarmi con codesto personaggio. :-D
This is gonna get hypothetical because there are film versions of Beauty and Sadness: Tristesse et beauté and Utsukushisa to kanashimi. Somehow I haven't seen either one of these, not even when mass viewing Charlotte Rampling films in the early '00s; nor when bingeing on Japanese cinema, also in the early '00s. I'll rectify this in the future! My movie watching has dropped off significantly in the last three years. Maybe it's how I take on foriegn feelings as if they could be related to me. I've been leaning towards (photosenthesis style! I'm a vegetable and in my coma I'm living all these other lives!) less repeating back how people (well, actors) say things to get what they mean (in case of missed subtexts) and more I'M the actor and it (the books) are all big movies in my head. So I think (despite that there are films of this! Hypothetical 'cause these movies may not do any of the things I'm about to suggest) that maybe I would have felt less studio egos pushing in how they say it went down and more home movie if this had been a movie with actors for me to attach myself to emotionally. I know, I'm contradicting what I said about why I might've turned more to books these days. But damn, some of the major players in Beauty and Sadness were TOO idealized and I got impatient and wish they'd stop insisting it was all so fucking pure. If it were a movie I could have watched someone and thought, "Wow, she looks really sad. I feel really bad for her." I couldn't put on a pedestal the long ago love affair between middle aged Oki (married with a baby) and fifteen year old (at the start. sixteen at its end in the physical world) Okoto. Oki immortalizes their young love (they love as teenagers do. As only teenagers do? I don't know if I believe that. More on that later!) in a popular novel. Both feel forever young by its everlasting (at least in the twenty years they've been apart) popularity. I didn't see what the big deal was about Oki. He's just a middle aged guy who feels he lost something that had ended. Where was the backbone? The weakened knees and hearts of fire (weakened hearts of fire. Dying lights...)? Oki was really just the bland old man. He wouldn't catch my eye, I'm pretty certain. I don't know if I believed it was ever as great as either one of them imagines it to be. Okoto is a painter. Yeah, self obsessed artist types. It must've been great to see each other reflected back in each other's eyes? So the teenager thing I said I would get to later. If it's the first time it can't feel comparable to other things, sure. Oki maybe wanted to feel young by being with the teenaged girl. I didn't get the sense that either one of them wanted to still be together, as older people. Okoto was not tied to any one else (her mother is totally different thing altogether), free to force herself, not carefree but destructively free, into these highly romanticized interludes. Oki would love having a new life than his old one. What else did he have to lose? Teenagers do seem to have that free of the future airs. I'm not arguing my case at all, am I? Oki wasn't a teenager. So there! Okoto loses their baby when she is sixteen. She tries to kill herself. Her mother puts her in an institution for a while (the right thing to do) and then they move to Kyoto to get away from Oki's memory. Oki never comes for her. He writes a novel about it. Okoto paints pictures of the unborn baby. She's a lot of whatifs and idealizations that I couldn't see in my mind... Where are the eyes for ME to see reflections in? Descriptions of paintings and novels were not doing it for me. After years of being all alone, Okoto makes a name for herself as an artist (I tried to find online the trick photograph of the geisha that may or may not be two geisha that inspires her painting. No luck). Troubled (namelessly so) Keiko is her student and lover. Keiko is Kawabata's loved extraordinarily beautiful young woman. An actress portraying her in a movie would have much to work with as far as changeability goes (but towards what?Teenaged love? I don't know if I believe in it). However, too much wouldn't be a good thing. I wish so much that Keiko had taken shape more apart from the memories of the adults. She claims to want revenge, she says she's jealous a whole lot. If I could have seen it instead of having it described to me. I'm not some blind dude on a date with a woman describing sunsets to him. I can see! I know I can. It was kinda interesting how Fumiko, Oki's jealous wife, receded into the background of her own life after the novel was published. Oki is such a cold bastard he has her type his manuscript of his affair with the teenager for him! She miscarries, apparently because of this trauma. After the public receives the novel with love and affection (she herself is hardly a spot in the corner of its eye), she sort of accepts what happened because it was written about. What the fuck is with these people going over what happened until it becomes some unshakeable myth? Couldn't someone have done something? Fumiko could have left her husband. Oki could have left his wife. Okoto could have gone to a real hospital in the first place so she wouldn't lose her baby just because her married lover was ashamed of her. Mom could've left her crazy daughter in the hospital. They do all this shit because they believed too much in that damned teenaged feeling. Oh yeah, I was saying that I liked how the wife playing into that flicked the switch more on what they were doing than any of that navel gazing or nutty revenge schemes ever did. Oh yeah, I wanted to say that it wasn't pure because it was first and stopped all else in its tracks. That pretty much makes it impure. What good is it then? It's blockage like a hard to pass turd. I guess total immersion in books isn't good when there are wrong things like teenagers I want to ignore. Let's go to the movies.
What do You think about Beauty And Sadness (1996)?
Kawabata's Nobel Prize winning novel of love, sex, and revenge, memory, growing old, and obsession."Her awareness of her body was inseparable from her memory of his embrace."His work is deceptively simple, seemingly all touching on similar subject matter with a similar clean and clear, straight forward style that manage to capture a certain mood of longing in his protagonists and dislocation from their lives yet evocative of time and place and providing deep insight in to their souls.This one wavers between that typical Kawabata style and something of a Hitchcockian drama, drifting from the aching longing of one character to the almost schizophrenic mood swings of another via the damaged memories of a third and it is this conflict of styles and tone and character that disappointed me the most. Kawabata shows his hand too early and too easily making the journey to the inevitable just a little too perfunctory. There's still a lot to enjoy, a lot of wonderfully evocative passages but the inevitable nature of things actually seemed to hide from the reader of some of the beauty and sadness you might otherwise have felt.
—Tfitoby
I enjoyed reading this novel by Kawabata due to, I think, my familiarity with his writing style especially his brief descriptions and lively dialogs as communicated by key characters. Indeed, this fantastic novel should deserve a little more in its five-star scale, that is, 3.5 (but I can't rate it there in the meantime) because it's more enjoyable than "Snow Country" or "Thousand Cranes" which are seemingly a bit philosophical. I mean they're all right if you need something to read, reflect and apply.I admired his realistic narrations concerning the romantic relationships between Oki and Otoko, Oki and Keiko, and Taichiro and Keiko. He has his subtle ways in writing them for his readers to appreciate and we can't help wondering how he can do it brilliantly. It's his genius and I'm sure I should enjoy reading it more if I knew Japanese.Everyone's busy working and has no time to read its review from such an unkown amateur GR critic like me, therefore, I'd say something briefly about Keiko, as a pupil having stayed with Otoko till, according to Oki's wife, Fumiko "She was almost frighteningly pretty" (p. 44), who has mischievously decided to take unthinkable revenge in cold blood on Oki, then his son, Taichiro for her protegee and lover as a pretty seducer successfully. Interestingly, the name of Oki's lover is Miss Otoko Ueno; her surname reminds me of a place named 'Ueno' during our going sightseeing (to see Mt. Fuji?) one day as part of our one-week trip in Japan last April. Does this name 'Ueno' have its special meaning? Would some GR friends knowing Japanese tell me the meaning, please? I wonder if this 'Ueno' has something special till Kawabata's adopted it as his key female character.Find a copy and enjoy!
—umberto
Definitivamente fue mi favorito de Kawabata. Super chismoso, super buena la historia y un final de NEMEMES. Ahora que ya termine los que tenía de Kawabata, es super bonito leerlo. Conocer más acerca de la cultura japonesa, pero no el lado pop si no el lado clásico, el antiguo, las costumbres, y sentí un poco estos japoneses más trve. Como más humanos, no sé como explicarlo pero los personajes de este autor son reales. Al menos así se siente. Super recomendación. Seguimos con más japoneses después de este.
—Pustulio