Splendid book, near perfect in places.Sterile declarative verbal utterances imitate speech and unfurl as prettily as perfect football plays. However, meaning teeters on the edge of blank tautology that in the end declares only the unsaid: the core of modern angst that is Delillo's abiding theme in most of his books. This is speech that does violence to language as the footballers of Harkness' college do violence to each other both on and off field.In places the novel is hilarious. The football game is a tour-de-force miracle of faux-jargonned gibberish-cum-threnody. There is no thrill to this game. The play is related dispassionately. One character on the bench wonders what they are missing on TV, and in a truly beautiful page protagonist Harkness has a profound religious experience after recovering from a crunching tackle, soul meeting soil.Reading these interchanges, the phrase 'Loss of affect' comes to mind: the reflective mind protected by carapace of language for speakings sake, just as body armour protects fielded player from aggressive opponent.Everywhere off the field of play, there is deferral. Characters forgo the world of study to undertake bizarre self appointed projects. The players marvel at a huge insect collection one member starts after he's hunted his specimens all night. Another player tries to learn a Rilke Elegy despite having no German (I recall he did this just for the sonority). Protagonist Hakness becomes a diletante devotee of the nature of total nuclear war, and also devotes himself to learning a new word ever day. Certain members team up to form a society devoted to 'the untellable' where making sense means failure. A team member wants to grow a beard but wonders whether to and wanting to because he needs the change it provokes, wanting the 'reality increment' it promises. (The use of Rilke here, that unsurpassed poet of Becoming is not accidental and it is a sly deft touch by DDL.) Further, as if to make this all explicit, a poster of Wittgenstein is pinned up in player-poster-boy Taft's room: the figure of destabilisation and titan of analytic method being cute iconic comment to both players' lives and Don's book. The spectre of language games, or sense divorced from content haunts all DDL novels, especially in White Noise, The Body Artist and Point Omega. Here in End Zone, as surely the football college is placed in a desert, as surely as desertification and Wasteland follows Mutually Assured Destruction, is language similarly dessicated. Not for nothing does star player Taft reveal at the end of the book that he has given up football to study. Mentation is all in the hyper cerebrated world of End Zone. However his choice of subject is intended to chill us: he reads about the Holocaust, thirty or forty books he tells us, but most recently has focussed on the instances of infanticide during the Shoah. If Harkness' focus is on systemic unfathomable violence of total thermonuclear obliteration, Taft's is on the smaller but no less apalling enormities of Mankind, more chilling precisely because the participants deal on a human to human and not the massive level. Even so, the numbers serve to shock us. Gigadeaths from nuclear exchange and millideaths from human cruelty backed by gas and bullets. It is as if DDL is reminding us of Benjamin's famous utterance of post Auschwitz poetry, as well as warning us about the dangers of the 'military industrial complex' (Zyklon B, we recall was made by mega industrial entity IG Farben which became Bayer, produces ironically enough of aspirin and the like, as if seeking to atone for their destructive past ...) Most pointedly though, DeLillo might be showing us that a disenchanted age makes disenchanted people: in End Zone, reflection concentrates on the most viscerally real of possibilities and histories - large scale death and suffering- not as morbid obsession but so as to goad a desensitise self into feeling something and anything.It is to DeLillo's great credit that he makes his dispassionate voice succeed and that his narrative is so compelling. (It is clear that Wallace learned a lot and consciously or not imitated Don. )The book was ramping itself up to five stars til about 15 pages from the end, notching itself down to four by books close, but they are four gleaming stars, let's say 4.998 of 'em.Though we might rightly or wrongly, imagine that nuclear destruction has gone the way of the USSR, DeLillo shows us that there's a worse malaise, the diseased self. White Noise was to be the peak of expression for this, End Zone a station on the way to that wonderful book. As it stands, this is a deliciously thought-provoking book, the moreso because this is apparently regarded as one of Delillo's minor works.
Mi è capitato, anche piuttosto frequentemente, di leggere critiche più o meno velate ad questa o quella casa editrice per la pubblicazione di un’ora giovanile di un autore di successo. Con la tastiera sporcata da una certa supponenza e da un atteggiamento al limite dello snob, tali pubblicazioni venivano bollate come semplici “operazioni commerciali”, dimenticando – tra le altre cose – che una casa editrice é anche un’impresa, è come tale deve puntare al raggiungimento di un utile che ne garantisca la sopravvivenza e, di conseguenza, la possibilità di pubblicare tutti i libri che ci piacciono tanto.C’è di più: salvo in casi molto specifici (ne ho in testa uno ma non lo confesserò neppure sotto tortura), queste forme di riscoperte di opere giovanili MI PIACCIONO. Sarò brutale, ma mi vengono in mente due pensieri che possono seguire la lettura del romanzo giovanile di un autore cha apprezzo: se si dovesse trattare di una mezza vaccata, il risultato sarebbe consolante (“ok, non si é sempre trattato di un genio, c’è speranza per tutti”). Viceversa, se il risultato dovesse essere convincente, si sarà potuto approfondire il percorso compiuto da un autore, quella strada cosparsa di frasi e parole che lo hanno condotto alla scrittura di un nostro romanzo-culto. Insomma, si trionfa in ogni caso.Nonostante si tratti di un autore che, anche per le sue origini, è davvero molto amato in Italia, è piuttosto recente la pubblicazione nel nostro paese di “End zone“, secondo romanzo di Don DeLillo datato addirittura 1972. E siamo nettamente nel secondo dei due possibili scenari che ho descritto: in una sua forma che risente certamente della maturità non ancora raggiunta, il giovane DeLillo ci dimostra come già nelle sue prime prove narrative fossero presenti tematiche e colori che ne contraddistinguono le opere successive, primo fra tutti quel gran capolavoro edito con il titolo “Underworld”.“End zone” può serenamente ricadere all’interno della gioiosa tornata dei cosiddetti romanzi di formazione: il protagonista, Gary Harkness, é un giovane originario dello Stato di New York, che per una serie di vicissitudini è finito in un piccolo college del Texas a cercare di risollevare le sorti della squadra locale, una realtà certamente lontana dalle più titolate università americane.E’ l’occasione per una proposta narrativa francamente interessante: non ne ho la certezza, ma immagino che le squadre di football americano non pullulino di appassionati di letteratura e filosofia, e costituiscano un universo in cui gli interessi culturali inseguono di chilometri la passione per le cheerleader e quella per i superalcolici. DeLillo gioca su questa immagine stereotipata e crea un gruppo di amici e giocatori abituati (anche) a ragionar di filosofia e poesia, con legami che ricordano vagamente quelli da “Attimo fuggente” e che si rivolgono però essenzialmente al presente storico. Così, il football diventa una perfetta metafora della guerra (il Vietnam era ancora nei pensieri degli americani), le paure adolescenziali si riflettono nei timori di un olocausto nucleare (siamo in pienissima contrapposizione dei blocchi occidentale e sovietico), il coach – un mezzo spostato che vive in una torre che domina il campo di gioco – si chiama Creed (“Credo”).C’è molto, davvero molto del DeLillo maturo. C’è tanto de “L’uomo che cade”, romanzo esemplare del sentire USA post 11 settembre. C’è tutto il percorso di un autore ancora in nuce, ma già grandissimo.--- recensione pubblicata su http://www.masedomani.com/2015/03/24/... ---
What do You think about End Zone (1973)?
Esce in libreria End Zone è subito la sensazione è quella di avere davanti agli occhi il tassello di un mosaico narrativo ormai imponente al cui compimento editoriale assistiamo negli anni come in una marcia a ritroso della intera creazione dello scrittore nuovayorkese, marcia a ritroso che si compie con la pubblicazione dei suoi primi libri (l'anno scorso la mirabile silloge di racconti L'angelo Esmeralda) e che assume ormai affascinanti caratteri simbolici che rimandano allo stesso sviluppo a ritroso della struttura del ciclopico Underworld e che ci fa comprendere l’opera delilliana come un universo in cui la luce è anche il tempo e anche lo spazio. Seconda opera de DeLillo, pubblicata nel 1972, End Zone ha già in esso i prodromi di quelle che saranno le ossessioni e le ostensioni delilliane e non solo. Quella partita di football che divide la narrazione come un cuneo dal quale altre narrazioni germoglieranno e che è, e non può essere stato altrimenti, ne sono sicuro, causa ed effetto di quella eterna partita di tennis che incardina se stessa in quell’Infinite Jest che David Foster Wallace compone nella sua onnipresente stima, ricambiata, per DeLillo. E Myna Corbett, ragazza in carne che si dimena sulle cosce quando legge o declama e che ci rimanda al dimenarsi sulle cosce dell’altrettanto in carne Babette, moglie del professor Jack Gladney, durante il reiterarsi di coniugali e ponderati amplessi in Rumore bianco. E quella onnipresente incarnazione delle parole e dei loro significati, e dei verbi che furono in principio, che si animano e iniziano a vivere di vita propria, al di là del loro stesso vero o presunto significato, come divinità forse malvagie, quelle stesse divinità che semineranno la morte dei corpi ne I nomi. E il materializzarsi onnivoro di tabelle di ragionato annichilimento umano, di estrinsecazioni radioattive, di ordigni nucleari tattici utilizzabili in un wargame luciferino, in cui stati maggiori in uniforme sviluppano calcoli di sopravvivenze possibili e di residui arsi di un deserto militarizzato in cui la ragione disperata si illude di una vittoria da celebrarsi in isolati bunker nell’attesa della fine di un fallout che intanto cavalca destrieri di orrore. Ed è quello stesso deserto in cui si innalzano le camerate del Logos College, ma è anche il deserto dove strutture dalle architetture avveniristiche sezionano la semantica e la sintassi ne La stella di Ratner, il geniale virgulto della scienza che poi si incarnerà forse in Richie Ambrister, adolescenziale commerciante di porno movies in Running Dog, ed è forse quello stesso deserto in cui si definiranno le analisi ultime di Punto Omega o in cui si gireranno filmati dal contenuto ambiguo in Americana. End Zone è il passaporto per accedere ancora una volta a tutto l’universo delle parole che Don DeLillo ha saputo creare, in un gioco che ancora prosegue e che ancora proseguirà e in cui tutti noi lettori siamo inconsapevoli protagonisti, noi stessi per primi assisi nella voyeuristica osservazione di un asettico laboratorio in cui l'Autore analizza l'umanità contemporanea, i suoi vizi e le sue contraddizioni figlie dell'opulenza occidentale, e in cui i geniali lemmi dell’Autore annullano il presunto confine tra chi osserva e chi è osservato.http://nottedinebbiainpianura.blogspo...
—Angelo Ricci
It's hard to summarize DeLillo's works or even to talk about what they're about because the plot is rarely the most interesting part of the novel. The novel encompasses football, nuclear weapons, homesickness, loneliness, war, and what I find most engaging, a young person trying to find himself through the exploration of the world around him and discussion of ideas. Harkness is a talented football player that has been kicked out of two schools already because he acts out or breaks down after a certain amount of time. He's interested in nuclear weapons, terminology like fall out, killaton, missile range, etc etc. He's attracted to catastrophe. Needless to say, there's a lot of metaphors for war and football but even the narrator tells you to disregard that or it's too easy but the novel is filled with many such contradictions which is one of DeLillo's trademarks. Harkness falls for a rich girl that has a spotty face and is obese. "She was beautiful, broad as a manysectioned cubistic bather, conceptually new, cloudbosomed, ultimate." There's a variety of teammates that are introduced but my favorite is Annatole, the 300 lb jew, who is trying to eradicate his 'jewness." Passages like "I am working myself up to a point where I can exist beyond guilt, beyond blood, beyond the ridiculous past. Thank goodness for America. In this country there's a chance to accomplish such a thing. I want to look straight ahead. I want to see things clearly. I'd like to become singleminded and straightforward in the most literal sense of those words. History is no more accurate than prophecy. I reject the wrathful God of the Hebrews. I reject the Christian God of love and money, although I don't reject love itself or money itself. I reject heritage, background, tradition and birthright. Things things merely slow the progess of the human race. They result in war and insanity, war and insanity..." give you an idea why this character is so engaging and the beauty of Delillo's language. The novel has comedic scenes where the footballers get drunk, an almost coupling in the library and Annatole wanting to grow a beard to increase his physical mass (even if it's less than an ounce) to be more real. The novel is short, only 200 pages but it covers so many things: football and it's jargon, the ultimate game of the season told all in football jargon, what it means to push against the physical limits of the sport, and on the military side, Harkness's fascination with weapons proliferation and a scene of a military game elaborate in it's description and hypotheses that may have influenced DFW in his creation of Eschaton in IJ. I like this kind of DeLillo, which is similar to White Noise and Running Dog. Lots of big ideas and a smorgasbord for me to take what I want from and no big deal if I don't understand everthing. I'm not sure even if he does but there's humor, insight and beautiful prose to get lost in. What else do I need?
—Alan Chen
I never would have gone so far as to even open what was ostensibly a sports novel if it hadn't been written by Don DeLillo. My initial skepticism quickly vanished as I returned to the familiar prose of one of my favorite authors from whom I've been away too long, dabbling in "the classics" and largely falling asleep to them. While End Zone is far from DeLillo's best, it ranks highly with the rest of his 70's and 80's output. If you're like me and just don't understand the appeal of sports, you may find yourself skimming a few paragraphs, but for the most part the football scenes, especially the dialogue, are double entendre for the nuclear era.
—Kirk