Che sia anche un romanzo autobiografico lo dice Simenon stesso nella prefazione: “L’infanzia di Roger Mamelin, il suo ambiente, lo sfondo su cui si muove sono molto vicini alla realtà, come i personaggi che egli osserva. I fatti non sono quasi mai inventati”. Il libro fu scritto da Simenon in circostanze particolari, quando era convinto, a causa di una diagnosi medica sbagliata, di avere pochi mesi di vita, per trasmettere al figlio gli elementi del suo “pedigree” familiare.Quindi nella famiglia Mamelin, composta da Elise e Désiré e dal piccolo Roger, ritroviamo i genitori e Simenon stesso. Una famiglia come tante, vista da lontano; una famiglia singolare vista con la lente di ingrandimento che Georges Simenon usa sempre quando scrive. I caratteri dei personaggi sono tratteggiati magnificamente: Elise è una donna nevrotica, lamentosa, convive con angosce e paure fomentate dai lutti che colpiscono la sua numerosa famiglia, lei è l’ultima di tredici fratelli, nata in una famiglia fiamminga borghese che da una buona condizione economica è precipitata, a seguito della morte del padre, nella povertà che ha costretto Elise a trasferirsi a Liegi e fare la commessa. La povertà le fa paura, invidia i ricchi ed ha un’ambizione sfrenata di uscire dalla situazione economica in cui Désiré la costringe a vivere, lui che si accontenta dello stretto necessario; Désiré è anche lui parte di una famiglia numerosa, i Mamelin, borghesi francofoni che accolgono freddamente la moglie “straniera”, la quale dal canto suo mai nulla farà per inserirsi in famiglia. Désiré è generoso, lavoratore, amorevole con la moglie e con il figlio, paziente, è l’idolo di suo figlio che lo adora, ha solo un difetto, è privo di ambizione, fa l’assicuratore e non intende fare carriera. E poi c’è Roger, di cui seguiamo le vicende dalla nascita fino all’adolescenza, al termine della prima guerra mondiale, nel susseguirsi di case che la famiglia Mamelin cambierà negli anni onde permettere ad Elise di esercitare il lavoro di affittacamere, nella confusione di visi e gesti di parenti, di inquilini e di conoscenti che il bambino scruta in silenzio, già a significare le future qualità di perspicace osservatore dei caratteri dello scrittore Simenon. La vita familiare non è facile, è appesantita dalle frequenti crisi materne, dai pianti e dalle ansie di una donna gretta, e Roger cresce tormentato, dibattendosi tra il desiderio di essere un “bravo” figlio e il disprezzo per l’ipocrisia e l’avidità materna (sappiamo come sia stato da adulto il rapporto di Simenon con le donne, tutto è partito da qui? Penso di sì).Pedigree può essere considerato anche un romanzo storico, perché le vicende familiari dei Mamelin si svolgono con sullo sfondo quelle storiche, a partire dallo sciopero generale dei minatori belgi, fino allo scoppio della guerra, l’occupazione militare tedesca e infine l’urlo liberatore “L’armistizio!.. La guerra è finita!...”con in sottofondo le note della Brabançonne, e le feste lungo le strade ed i vicoli di Liegi, che conosciamo quasi a memoria alla fine del libro, con le insegne dei negozi, le piazze, le chiese, i campanili, i ponti sulla Mosa, i mercati.Pedigree è anche, in un certo senso, un romanzo di formazione. Il giovane Roger legge un libro al giorno, a volte anche due, i suoi scrittori preferiti sono Dumas, Hugo, Balzac, legge tutto Rocambole: letture “popolari”, nel senso di essere dei classici destinati a qualsiasi tipo di lettore, indirettamente indicando a noi lettori che per lui (Simenon) l’ “alta” letteratura manualistica è un affare che non interessa, destinato agli snob.Pedigree è tutto questo, ma in primo luogo è un romanzo di Simenon, che rispose con questa battuta a chi insisteva ad etichettare il romanzo come autobiografico: “nel mio romanzo tutto è vero anche se nulla è esatto”.
