Arrivi a un certo punto di questo esile libro e ti domandi se questa pubblicazione sia un tentativo di giustificare, in qualche modo, una piccola raccolta di quattro racconti, o se invece i suddetti racconti concorrano a definire la storia generale. Fatto sta che Coe trova un buon escamotage per scrivere dei racconti e allo stesso tempo instradare il lettore alla giusta interpretazione da dare a essi. Lo fa calandoli all’interno di un contesto più ampio, quello della realtà del romanzo, e facendoli commentare dai personaggi che si incontrano nella vicenda. L’idea non è male e permette di cambiare più volte il registro pur mantenendo la divisione del libro in quattro parti, quindi dare quattro voci diverse alla trama ma inframezzare quest’ultima con intermezzi discontinui. La sensazione però è che in un determinato punto l’autore si sia un po’ perso e non abbia più avuto, anche se solo per un breve attimo, il controllo di quanto succedeva tra le pagine. C’è un capitolo, ben definito e rintracciabile leggendo il libro tutto d’un fiato come le poche pagine permetterebbero di fare, che tu lettore ti fermi un attimo e sei costretto a tornare un po’ indietro, controllare le date, sforzandoti di mettere in ordine la successione degli eventi. Si ha la sensazione di essere nel bel mezzo di una storia la cui linea temporale non sia tracciata lungo una linea retta bensì per il perimetro di un cerchio, e che alcuni fatti avvengano prima di altri che invece dovrebbero seguire anziché precedere. È un momento di disorientamento che non giova al romanzo, ma può essere perdonato considerando che si tratta solo della seconda opera dello scrittore britannico. Gli altri sui libri che ho letto non mi parevano soffrire dello stesso problema. E tra questi altri due romanzi non è elencato quello che tutti sembrano reputare il suo capolavoro, ovvero La famiglia Winshaw. Quindi, il buon Coe non è proprio da bocciare, caso mai da rimandare a settembre.
"Voglio dire che una parola può essere un'arma letale" E su questa frase fece una pausa con soddisfazione evidente. "Una sola parola può distruggere ciò che un milione di altre ha fatto. Una parola fuori posto può disfare qualsiasi cosa: una famiglia, un matrimonio, un'amicizia". Secondo romanzo di Jonathan Coe e anteprima di quel che sarà il resto della sua produzione più famosa. A leggere questo romanzo solo dopo aver letto gli altri, invertendo l'ordine cronologico, si perde un po' il gusto della lettura: già scritto, e pure meglio. Inevitabile. Ciò però non deve togliere a questo breve romanzo i suoi meriti, fosse solo perché rappresenta la miccia che ha fatto deflagrare il talento di Coe. Di lui c'è già tutto, o quasi: la critica sociopolitica (i tanto contestati anni Ottanta della Tatcher), personaggi giovanili, il mondo dell'università, le relazioni umani, le complicazioni degli affetti, compresi quelli omosessuali, i giochi narrativi metatestuali.Robin, protagonista indiscusso del romanzo, per quanto parli sempre per voce degli altri, è un giovane terribilmente disilluso, incompreso, fuori dal mondo; un uomo che, nella vita, ha sbagliato tutti i tempi. Attorno a lui si muove una galleria di personaggi non meno caratterizzati, tutti, in un modo o nell'altro, legati tra loro dalla figura di Robin e dai suoi quattro racconti.Un assaggio, dunque, ma nulla di più.
What do You think about A Touch Of Love (2000)?
Reading the reviews of others, I'm mystified how anyone found this book remotely witty or laugh out loud.I was expecting humour or at least a bit of a jocular lift. Instead I got world-weary relationship disappointments, awkwardness, promises unfulfilled, and the central tragedy of Robin and his relationships.I read it on a weekend away, always expecting it to suddenly burst from black and white into colour like the Wizard of Oz but it didn't. I was not engaged or amused by any of these people - just mildly depressed and kind of glad that I don't know anyone remotely like Coe's characters.
—Janh55
This is early Jonathan Coe; it lacks the clarity and fullness of later work, like The House of Sleep (my favorite).Robin Grant is having a bad day, a bad year, and possibly a bad life. He's allegedly working on a thesis at Coventry, but he hasn't produced anything in the past five years, other than anxiety, depression, failed relationships, and a few short stories scribbled in notebooks. These four stories are interspersed with Robin's meeting with an old pal (who remembers their college days in a much more golden light than Robin himself), the disintegration of his lawyer's marriage, Robin's interrogation of his own psyche, Robin's final verbal sparring match with his disenchanted friend Aparna, and Aparna's final farewell to Coventry.Like many people, I like carrying around a sense of lost opportunity with me, it gives my life some sort of aesthetic aspect, and it is a good excuse for feeling unhappy when things are not going well.
—Trish
D'accordo con chi dice che si tratta di un Coe in fase embrionale. Le tematiche e gli artifici narrativi che poi diventeranno parte integrante del suo stile sono già tutti lì (inclusi la metatestualità e il racconto nel racconto), ma per forza di cose il romanzo risulta un po' fuori fuoco, breve com'è e pieno zeppo di cose da dire. Le sfiora tutte, ma non ne affronta in profondità nemmeno una, evidentemente a Coe piaceva baloccarsi con l'idea ma era un po' spaventato all'idea di affondarci le mani (da qui, secondo me, l'idea di affrontare il personaggio principale solo attraverso gli occhi degli altri personaggi, e mai in prima persona) -- come il protagonista del racconto, che alla fine, catarticamente, compie il passo attorno al quale aveva continuato a girare per tutta la narrazione. Simbolico quasi più per Coe che per i suoi lettori, che quel "passo" in avanti, verso l'idea di affondare nelle cose fino a sporcarsi tutti, gliel'hanno ormai già visto compiere.Mi piace pensare che Maxwell Sim sia l'erede spirituale di Robin Grant, perché i punti di contatto fra le loro storie sono così numerosi che è inevitabile collegarli, e dove non dovessero bastare le loro biografie ci pensa lo stile adottato da Coe, simile fra i due libri al punto da far sembrare I terribili segreti di Maxwell Sim una versione riveduta e corretta di L'amore non guasta.Mi piace pensarlo anche perché il finale di Maxwell è aperto, positivo, completamente inverso rispetto a quello di Robin. Mi piace pensare sia un segno dell'evoluzione di Coe nei vent'anni che separano i due romanzi. E' il tipo di evoluzione che un lettore vorrebbe sempre vedere compiere ad uno dei suoi scrittori preferiti.
—Lisachan