Sentire menzionare il nome di Carlos Fuentes Macías (Panamá, 11 novembre 1928 – Città del Messico, 15 maggio 2012) ricordo gli anni dal 2002 al 2004 e alla mente mi affiora un soggetto radicato alle proprie origini messicane. Un ex scrittore che nonostante per studio, esigenze di vita, capacità didattiche, ecc, abbia dovuto emigrare e formalmente riuscì a trovare il giusto temperamento in un paese dove cultura e tradizioni sono unite dal solo idioma. Come molti narratori era affascinato da Faulkner, e occasionalmente senza emulazione ne fa riferimento per la maniera con la quale costui generalizza; sebbene nei ragionamenti ha teso con l’essere controverso, caratteristica che è alquanto frequente fra gli scrittori, Fuentes non fu un grande pensatore ed era anche molto differente da uno stile prosastico tipo quello di Borges. Probabilmente, nel mondo della letteratura si è voluto orientare diversamente, perché malgrado la cultura e il tempo che di propria iniziativa avrebbe potuto impiegare per scrivere un libro se doveva toccare argomenti filosofici o politici tendeva a frenare. Negli argomenti ha sempre ricercato una visuale chiara, però nei contesti mai volle essere un giudice puntiglioso, particolare che per esempio uno scrittore viscerale come Bolaño sovente attingeva a fare. Questo libro, dopo tanti anni che Fuentes ha svolto costantemente e in modo invariabile la sua mansione, fa chiarezza che lo scrittore rimase molto legato alle radici native: in un primo approccio è già il titolo del libro che vuole riassumere ciò che avrebbe intrapreso, ossia la retorica di quello che maggiormente ha creduto. I temi dei capitoli menzionati sono ricavati da una dottrina, che priva di risentimento o cinismo evoca una sincera e ricca conoscenza letterale. Nei romanzi di solito la narrazione sussegue in maniera costante, mantiene quasi sempre lo stesso ritmo. Raramente quella relativa cadenza che si assimila mentre lo si legge è indebolita o lungo la stesura scritta affievolisce di umore. Inoltre, sarà che il formato dei singoli volumi dello scrittore sono un poco più grandi se messi a confronto dei romanzi moderni, però fanno sì che i libri di Fuentes ai lettori maggiormente accaniti l’abuso e l’interpretazione di questo tipo di lettura possa trarre una riflessione inconscia, certamente suscitata dal tanto lavoro che c‘è appresso in ogni storia. E tale impressione potrà risultare come una benevola ripercussione interna che al lettore incallito è manifesta da una sensazione ipnotizzante. Per l’appunto, la conferma di quella che è una buona letteratura latinoamericana. Volendo essere eloquenti, ci sarebbe da rimembrare il singolare dizionario letterale e l'oltre due secoli e mezzo che ci separano da questo. Il fatto che Voltaire scrisse il primo dizionario filosofico fu un'idea allettante. Molti autori furono attratti da ciò, sono stati affascinati dall'idea di poter ordinare alfabeticamente le proprie ossessioni, nonostante che ai termini avrebbero potuto attribuire solo una sfumatura distinta o nella peggiore dell’ipotesi cascare sulla banalità: se pur parimenti a codesta remota ideologia, di un medesimo genere En esto creo ebbe voluto essere il debutto di Carlos Fuentees, al caso però senza diversificare termini o eventualmente passare per convenzionale. Lui con un’osservazione derisoria costruì una serie di saggi brevi, anch'essi in ordine alfabetico, ma lo fece al fine di stabilire il satirico Credo dell'autore. Limitandosi con l’approfondire contenuti politici o filosofici, ha voluto creare una raccolta di vocaboli dove gli argomenti cominciano da una reminiscenza autobiografica per giungere poi a una riflessione artistica e morale.In qualche occasione, Carlos Fuentes metaforicamente non ha negato che di propria mano ha fatto della letteratura alla stessa velocità che potrebbe sparare i colpi una mitragliatrice, tuttavia quasi sempre privo di variazioni nella tecnica. E con “En esto creo” avrebbe voluto confermare nuovamente che l’efficienza di ogni cosa è alquanto legata a una professionalità letterale: benché l‘autore messicano avesse differenti interessi e molta pratica nell‘esporli, i risultati pubblici del libro mostrarono che ci fu poca fortuna con quella che sarebbe dovuta essere una prosa atta a distribuire i concetti di un’ideologia personale. Se lo si osserva esteriormente, si comprende da sé che fu distante da un mondo digitale. Nel ragionato era proiettato con l'auspicio corrente, non eccessivamente controverso, intenso nel contemplato ma alla volta nemmeno assillante col discorso scritto. Esponendo gli argomenti con notevole contenuto autobiografico, indubitabilmente suscitato dalla caratteristica di una persona genuina. La regola vale anche per il libro attuale che non può essere inteso tipo enallage! En esto creo, con poco più di 310 pagine, include una serie di parole alfabetiche sulle quali Fuentes ha ritrovato ispirazione nel spiegarle secondo un proprio concetto di vita vissuta, fra alcuni di questi termini che raccolse sono inclusi: AMISTAD: quello che non abbiamo lo troviamo negli amici […]; AMOR: l'amore vuole essere, per il maggior tempo possibile, pieno piacere […]; BUÑUEL: ho conosciuto a Buñuel durante le riprese del film […]; DIO: in conclusione, credi in dio? […]; IBEROAMÉRICA: credo nell'America Latina. L'Atlantico per me è solo un ponte [...]; IZQUIERDA: la sinistra, ha ragione dopo i terribili fallimenti, l'opportunismo, il tradimento, la passività […]; KAFKA: hai letto a Kafka?, mi chiede Milan Kundera. ...se non l'hai letto in tedesco significa non averlo ancora letto […]; LECTURA: un libro, anche questo sta nel commercio […]; MUERTE: non basta una vita per portare a termine tutte le promesse della nostra personalità [...]; NOVELA: non c'è una novella senza una storia […]; QUIJOTE: Don Chisciotte è la prima novella moderna [...] ; SEXO: l'erotismo, in principio con le bambine, a Washington con due compagne di classe, poco alla volta sono andato a scoprire una meravigliosa oscurità che loro privilegiavano [...]; TIEMPO: non si può avere del presente vivo con un passato morto. Il passato è fuori dalla finestra […]; XENOFOBIA: siamo soggetti alla prova di altre persone. Vediamo però siamo anche osservati. […]; YO: “L'io è detestabile”. Rimbaud è colui che ha saputo farsi anelare o detestare in ugual misura, si è amato e odiò se stesso contemporaneamente [...]Concludendo, En este creo per Fuentes fu un progetto serio, ha voluto mostrare che riusciva a mantenere invariata la distanza fra tutti gli autori che nell'antichità impressero un dizionario o qualcosa di analogo. Magari il libro ritenerlo topico dove ci siano idee comuni, poiché utilizzando un'analisi parallela può rilevare un giudizio altruistico che è stato diversificato da eventuali copioni: in questo senso, lo scrittore messicano si riferisce al capitolo delle idee e il divertimento del pessimista e ironico Flaubert Gustavo. Diversamente, lo si potrà anche apprezzare come vocabolario a sé, e l’idea che è stata scritta evidenzia l’abilità di un esercizio gradevole e satirico.
I left my Kindle on the plane and it was never found. Very annoying. So three-quarters the way through Jonathan Franzen's Freedom I scanned my grandmother's bookshelf and settled on Carlos Fuentes' This I Believe, a collection of thirty or so essays arranged alphabetically. The essays cover everything from love to Buñuel, from civil society to sex. I hate to admit impatience with such a well regarded intellectual just months after his death, but there are times when you feel like you're the audience of a chatty grandfather, determined to prove that not only has he read and remembered all the Western classics of literature and criticism, but that he has integrated them into his own many theories of everything. And sometimes you want to sigh and say, good for you granpa. But Fuentes does deserve the recognition he amassed throughout his life, even when his expounding becomes tedious. His is a brilliant mind and he used it his entire life to read, analyze, and write. His most personal essays are the best -- meditations on friendship, family, and sex. When Fuentes passed away NPR re-played a 1987 interview from his appearance on Fresh Air. Just like this book, he is eager to share his many opinions and reflections on just about every topic imaginable. I realized that at least two generations of Americans (my grandmother's, my mother's) have been introduced to Mexico and Mexican thought via the country's two great intellectual ambassadors, Carlos Fuentes and Octavio Paz. I wondered what would have come of Fuentes were he born 25 years ago. Would he have a blog? Tumblr? Twitter account? Would he read more literature from Africa and South Asia? Would he read all the same old classics -- Balzac, Kafka, Proust, Faulkner -- or would he jump from one blog post to the next?Over the past few months there has been no shortage of debate among Mexico's intellectuals about the value of citizen and social media in the public sphere. It makes sense that "public voices" feel threatened by more public voices, but it seems almost certain that Mexico will never again have literary ambassadors of the same profile as Fuentes and Paz. The stature of Enrique Krauze, Hector Aguilar Camin, and Jorge Castañeda pale in comparison, and I think that is a very good thing.
What do You think about En Esto Creo (2003)?
Este libro es básicamente un recorrido extenso a través de la mente de Carlos Fuentes. Experimentar en estas pequeñas lecturas su opinión sobre variados temas, así como algunos de esos recuerdos trascendentales para el autor. Una lectura rica en lenguaje y llena de contenidos interesantes. Desde la globalización hasta sus autores favoritos, pasando por temas como amor y amistad. Increíble, si deseamos verdaderamente entrelazarnos con la verdadera imagen de Fuentes, este es el libro. Mas que una autobiografía formal es una manera entretenida de conocer a este autor.
—Denisse Comte
While critics praised the depth and breadth of Fuentes's thinking, most acknowledged that This I Believe is a work for the serious reader, someone who has already considered deeply philosophical issues. At all turns, Fuentes challenges his readers__not only with personal inquiries into marriage, but also with forays into political topics including globalization and civic society. Many reviewers cited the essay titled "Urbanities," which recalls the distinctive roles cities played in Fuentes's life (his father was a diplomat; he served as Mexican ambassador to France), as the loveliest in the volume. A few quibbled over some grandiloquent language and historical errors. Yet all agree that This I Believe is an intelligent, engaging work that warmly invites readers into Fuentes's personal world of ideas. Copyright 2005 Phillips & Nelson Media, Inc.This is an excerpt from a review published in Bookmarks magazine.
—Bookmarks Magazine
Carlos Fuentes percorre de A a Z os temas que o definem. Talvez por gostar de saber o que outros pensam, tenha gostado deste livro.Gostei particularmente de "globalização", "história", "ibero-américa" e "leitura".Frases que ficaram:"Eu amo-a porque eu sou o homem mais pontual da terra e ela, pontualmente, chega sempre tarde.""A esquerda saudosa do que já não foi não pode ser uma esquerda construtiva do que deve ser.""Mas uma catástrofe, diz María Zambrano, só é catastrófica se dela não nascer nada que a redima."
—Joana Costa