« Dicevano che era un truffatore. Dicevano che era un santo. Qualcuno diceva: ha qualcosa addosso, come una specie di infelicità. »Ordine, prego! Silenzio in aula. Silenzio, prego (due colpi col martelletto). La Corte di Giustizia si riunisce oggi per decretare l’assoluzione o la condanna a pena da stabilirsi per il signor Baricco Alessandro, classe 1958. Tra i capi d’accusa imputati al signor Baricco, ricordiamo: “faciloneria”, “faccia da ruffiano”, “spocchia”, “ammiccamenti al lettore”, “egocentrismo ovvero il gusto dell’autocitazione”, “sinteticità”. La difesa del signor Baricco si avvale della facoltà di produrre testimoni a suo favore. Entri il primo testimone!Signorina, si sieda. Vuol dirci come si chiama?« Chiara Pagliochini, Vostro Onore. »Signorina Pagliochini, giura di dire la verità e soltanto la verità?« Lo giuro, Vostro Onore. Nei limiti del possibile. »Questa è un’aula di tribunale, signorina. Voglia fare in modo di non porre limiti al suo possibile. « Le giuro che è mia intenzione, signore. Ma sa anche lei quanto le vicissitudini legate al signor Baricco siano controverse. »È il motivo per cui siamo qui, signorina. Per sbrogliare queste controversie. Voglia riassumere innanzitutto a favore della giuria i contenuti di questo libello, questa sorta di… cartiglio, se così vogliamo chiamarlo. Insomma, questo coso (sbatte la copertina di “Seta” sulla cattedra). La prego, innanzitutto, di chiarircene la natura. « La natura, signore? »Proprio così. Dovesse classificare questo coso (percuote di nuovo la cattedra con “Seta”) che definizione ne darebbe? È un romanzo breve, un racconto, una lista della spesa?« È una fiaba, Vostro Onore. »Una… fiaba? Le confesso che questa testimonianza non era mai stata prodotta in aula. Scrivano, sta prendendo nota? (lo scrivano si deterge il sudore dalla fronte e annuisce)« Una fiaba, signore. Questo romanzetto di cento pagine non è altro che una fiaba. La forma narrativa per eccellenza, la più antica al mondo. E chiunque abbia anche solo un minimo di cognizioni in merito si accorgerà che dico il vero. Una prova piuttosto lampante della natura fiabistica di questo scritto è la ricorrenza di formule tipiche. Non sto parlando di “c’era una volta” o di “vissero felici e contenti”, ma di qualcosa che somiglia a questo nella funzione. Prenda per esempio i brani che ricorrono identici nella narrazione. Il signor Baricco è stato accusato di aver fatto copia-incolla col mouse al solo fine di risparmiare tempo e fatica. Ma non è così. Il signor Baricco sapeva bene quel che faceva incastonando nella narrazione brani che ricorrono identici. Stava rifacendosi alla forma narrativa della fiaba, la quale prevede l’uso di un formulario, il ricorrere di certe espressioni sempre uguali. Vuoi per facilitare la memorizzazione del racconto, vuoi per conferirgli quel carattere magico e sacrale che la fiaba spesso riveste in una comunità. Pensi soltanto a Sherazade, pensi al potere salvifico del raccontare a voce alta. Si accorgerà che i copia-incolla del signor Baricco non sono un tentativo di evadere da una narrazione di più ampio respiro, ma il semplice adeguarsi a una forma narrativa per sua natura sintetica e formulaica. »Può portare altre evidenze della natura fiabistica di questo scritto?« Ma certo. Anche la struttura della narrazione si rifà senza dubbio all’intelaiatura della fiaba come definita dai formalisti russi, Propp tra tutti. Un eroe, il nostro Hervé Joncour, viene incaricato di compiere un viaggio solitario in un paese lontano da cui dovrà riportare un manufatto, in un certo senso, “magico”. La magia del manufatto, nel nostro caso uova di baco da seta, consiste nel loro essere intatte e perfette, non contaminate dalla malattia che sta invece contagiando i bachi europei. Queste uova permetterebbero quindi alla comunità di Lavilladieu di continuare a prosperare. La partenza dell’eroe per un paese mitico, irrimediabilmente diverso, è un elemento ricorrente della struttura fiabistica. Non dimentichiamo, poi, che stiamo parlando di un viaggio circolare, compiuto più volte a intervalli regolari. Né sottovalutiamo i cambiamenti progressivi che vanno operandosi nell’eroe stesso e che lo portano a una progressiva emancipazione dalla comunità originaria. Il contatto con l’altro mondo rende il nostro eroe “diverso”: è una costante della fiaba. E come non accorgersi di quanto la bidimensionalità dei personaggi femminili, i due poli magnetici di questo racconto, come non accorgersi di quanto il loro apparire quasi in controluce, la loro impalpabilità caratterizzi sempre più evidentemente questo scritto come una fiaba pura e semplice? »Pura e semplice, eh? E così per lei la narrativa dovrebbe essere tutta pura e semplice? E l’impegno letterario? E il comunicare messaggi forti dove lo lasciamo? Lo scuotere il lettore fin nelle viscere, il cambiargli la vita non interessa più a nessuno? Non dovremmo dare il buon esempio ai giovani scrittori d’oggi?« Sono dell’idea, signore, che una forma di narrativa pura e semplice, la narrativa “per il gusto del narrare”, non infici e non comprometta l’esistenza di un’altra narrativa, cosiddetta “impegnata”. Non possiamo condannare il signor Baricco per il suo non appartenere alla schiera degli “impegnati”. Lo guardi bene. Lo guardi in faccia. Non vede ancora che ragazzino è? È vero, potrebbe essere mio padre, ma ha ancora quell’espressione da ragazzo entusiasta, quel gusto di raccontare storie che gli stanno in punta di lingua. Lo vede?, non si trattiene. Anche adesso ne sta pensando una delle sue. Molti lo accusano di voler essere eccessivamente popolare. Altri lo accusano di essere volutamente oscuro. Nessuna delle due. Il signor Baricco racconta. E racconta essenzialmente storie che piacciono a lui. Se non gli piacessero, non gli verrebbero così facili giù dalla penna, così facili che si bevono in una sorsata. E non mi venga a dire che non sente anche lei quanto il signor Baricco ami ogni storia che scrive. Lo sente. Il signor Baricco è un ragazzino innamorato. Di se stesso. È questo che ci dà così fastidio? E poi, questa fissa di raccontare storie la ha sempre avuta. È per questo che, tra tutti gli scrittori, ama gli americani e, tra gli inglesi, Conrad. È per questo che ha avuto quell’ideuzza di riscrivere l’Iliade (e quante gliene hanno dette!). Il signor Baricco è uno di quelli che crede nel potere misterico del raccontare storie accanto al fuoco, del raccontare storie che salvano. L’atto del raccontare è così importante per lui che ne fa un altarino in ogni romanzo, cioè racconto, cioè… questi libretti, insomma. »Quindi lei sta dicendo che il signor Baricco non vuole… comunicare nulla? Lei ci sta dicendo che scrive per il gusto puro di scrivere e non per far passare dei messaggi?« Il messaggio che vuol far passare è uno solo, sempre quello. Che raccontare è bello. Che bisogna raccontare. »E lei non pensa che sia proprio questo il motivo per cui la qui presente Corte debba condannarlo?« Se quello che racconta è piacevole, se lo racconta bene, perché bisogna condannarlo? »Ma condannarlo pur bisogna, se non vuol dire niente!« Vuol dire esattamente quello che dice. Vuol dire che c’è un uomo che parte per un paese lontano come il Giappone e quel paese lo avvelena. Vuol dire che si innamora di una donna che non gli dice mai nulla, se non “Tornate, o morirò”. E non è la cosa più bella che qualcuno possa dirci? “Tornate, o morirò” significa consegnare alla persona che amiamo il potere di decidere della nostra vita e della nostra morte. Vuol dire che si possono amare due donne contemporaneamente o amare la stessa donna scissa in due persone. Vuol dire che per la persona che amiamo siamo disposte a diventare “l’altra donna”. Mi dica se questo non è commovente, mi dica se non l’ha fatta piangere. Vuol dire che si può essere spettatori passivi della propria vita (“Pioveva la sua vita, davanti ai suoi occhi, spettacolo quieto”) eppure ritrovarsi a osservare eventi che non si comprendono (“Ogni tanto, nelle giornate di vento, scendeva fino al lago e passava ore a guardarlo, giacché, disegnato sull’acqua, gli pareva di vedere l’inspiegabile spettacolo, lieve, che era stata la sua vita”). Vuol dire che certi messaggi possono passare solo attraverso una penna, attraverso caratteri arcaici, mai attraverso le labbra. Vuol dire che si può fare l’amore anche con le parole scritte. Vuol dire che sì, “siamo tutti meravigliosi, e facciamo tutti schifo”. E vuol dire che, certo, “è uno strano dolore. (Piano) Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai”. »Signorina, la Corte conosce già il testo da lei citato. Voglia fare il favore di non indulgere in simili romanticherie. Non saranno utili all’imputato più di quanto il suo libello lo sia per noi. « Ma non deve esserlo. »Essere cosa?« Utile. »Così lei pensa che la letteratura non debba essere utile? La prego, signorina, voglia accomodarsi. Che l’accusa produca il suo primo testimone. « Deve essere seducente. La letteratura deve essere seducente. Come la carezza di una mano avvolta in una seta impalpabile. »FUORI DI QUI. Voglia accomodarsi, ho detto. E subito!
Although his father had pictured for him a brilliant future in the army, Hervé Joncour had ended up earning his crust in an unusual career which, by a singular piece of irony, was not unconnected with a charming side that bestowed on it a vaguely feminine intonation. Hervé Joncour bought and sold silkworms for a living. The year was 1861. Flaubert was writing Salammbo, electric light remained hypothetical, and Abraham Lincoln, beyond the Ocean, was fighting a war of which he was not to see the finish. Hervé Joncour was thirty-two. He bought and sold. Silkworms.This novella captures one’s imagination from the first chapter. It took me a while to understand why even though the work is so short. In fact this is the only time in my life that when I have finished a book, I have pounced on the person nearest to me and insisted that he/she read it. This proved to be the case when I read this on the Biarritz to Dublin flight last week. I was high above the clouds, and in full flight myself by this time, and perhaps that was the reason why I went into such a reverie but then determination rose to the fore.The gentleman sitting next to me was reading a scientific paper and did not take kindly to me when I asked him straight away was he a reader. A reader of what genre was his somewhat disdainful reply. Fiction in this instance, contemporary Italian fiction, was my immediate response. Well I then thrust “Silk” under his nose; in fact I nearly knocked off his glasses. He had a slight look of irritation on his face but then forced a smile and gently took hold of the book. He read the fly cover and taking a small notebook out of his pocket, wrote down the title of the book and the name of the author. Now whether he will ever read the book I don’t know. But I do believe that I pointed him in the right direction.My next contact was Mary, who I was staying with. I had no idea what kind of books she read but she promised me that she would read it that evening and the next morning we sat down, with her husband John, and discussed the book. He was actually quite put out that we were talking about a book instead of the serious business of eating breakfast and planning our day.But what is interesting is that my friend’s view of the book was completely different to mine. Mary had read it quickly and concluded that it was a light read and then she brought up several questions that made the pair of us look through the book again. We had differing opinions, especially on the letters and the two aviaries.This style of writing is quite unknown to me. The sixty-five chapters are short and punchy and yet they resonated with me. In fact chapter 49 consisted of only four very short sentences. The contents of the book appear to give off a lambent glow for some obscure reason. It’s a book of movement and yet also stillness and light. Also there are repetitions with the four journeys to Japan, the only difference being that Lake Baikal is known locally as “the sea” on one trip, then “the demon” on the second, on the third occasion there was no mention and finally on the fourth trip known as “the holy”. Was there a symbolic meaning here that I could not understand?Of course at the beginning the book is mainly about obtaining the eggs for a fresh breeding of silkworms as there is an epidemic of “pébrine” (“the spotted disease in silkworms which had made the eggs from European hatcheries unfit for use and which had spread, some said, as far as India”) that threatened to destroy the silk industry in France. Joncour (a Frenchman) is thus charged by Baldabiou with going to Japan at the other end of the world in this quest to find the eggs. When you consider that Japan was closed to foreigners at that time and was a particularly dangerous place to be in (many went there and were never to return), it took a great deal of courage for an individual such as Joncour to attempt to travel there.Joncour has much to lose if he fails in his endeavours to find these eggs. He has a doting wife called Hélène, with a most beautiful voice, whom he evidently loves but then when he meets Hara Kei, the local baron who will provide the eggs, he encounters his concubine, who entrances him immediately and this is where one sees repetition again:Her eyes did not have an oriental slant, and her face was the face of a young girl.It was the aviary that Hara Kei had that intrigued me. It was full of exotic birds and then one day the concubine lets them out. Was this symbolism in that if one loves someone/something, one can let them go and know that they will ultimately return? Yes the birds did return.And then Joncour decides to build an aviary in France. Why?But the fascination he has for the concubine and she for him is the foundation of this novella. They do not speak but manage to communicate via letters that have to be translated and then… Well you have to read the book.An absolutely super work!
What do You think about Silk (1998)?
Silk is the sort of novella-cum-folk tale for which you'd be doing yourself a great disservice to not read in one sitting. It's difficult for me to explain the appeal of novels like these (The Piano Tuner, The Painted Veil): 19th century white guy voyages into interior of the Orient and meets a mysterious woman. The whole plot smacks of the kind of fetishistic orientalism that I hate. And yet, with an tightly-wound economy that borders on poetry, Baricco distills the intensity and intoxication of a passion and obsession that transcends words. Images like the one of birds bursting from an aviary are imprinted on my mind. And the whole story ends with an exquisitely painful twist.
—Pamela
"Wanderer, your footsteps are the road, and nothing more; wanderer, there is no road, the road is made by walking. By walking one makes the road, and upon glancing behind one sees the path that never will be trod again. Wanderer, there is no road-- Only wakes upon the sea." -- Antonio MachadoThe Spanish poet taught that paths exist to be trodden, but one needs to start walking in order to make one's own road. Herve Joncour traveled new paths that would lead him to the end of the world and then back home. A 19C French silkworm merchant, Joncour had been content “to witness life rather than live it” until necessity forces him to start walking new paths after an epidemic threatens the entire stock of French silk worms. "Behind him lay a road eight thousand kilometers long. In front of him, nothing. He had a sudden glimpse of what he had considered invisible. The end of the world.”Instead of following the famous Silk Road to China, he blazes a new path to Japan-- the forbidden island, absurdly isolated from the rest of the world--to find silk worm larvae. Japan is the mysterious land of elaborate and ancient rituals -- tea ceremonies; sword play; and secret silk production--that are executed with mystic precision. In like manner, Alessandro Baricco, in near liturgical ritual, repeats phrases in separate chapters as if he is imitating these mystic Japanese rituals, and his elegantly constructed short chapters resemble informal haikus. Silkworms are as fragile as love. They start as small eggs and thousands can be held in the palm of your hand. They hatch in May, “freeing” a worm that feasts on mulberry leaves and then locks itself in a cocoon for 2 weeks until it “escaped for good, leaving behind a patrimony of silk.” Every year, Jancour follows the same path to acquire the larvae and every year he returns home in time for High Mass at Easter. His life and travels become both an exotic road, an escape, and a familiar liturgy. On his first journey to Japan, Joncour is immediately attracted to the mistress of a Japanese silkworm egg trader, Hara Kei. After returning home to France, Joncour receives a letter, consisting of seven sheets covered in Japanese ideograms, reminding him of the tracks of bird feet. He forgets that to “To hold Japanese silk was to hold “nothingness” between your fingers.” The attraction to the woman becomes an obsession that carries him three more times to Japan even when there is great risk and little reward, but he is a man in whom the desires of illicit love compete with the desires of faithful love. Love is silk. Love is liturgy. Love is a path. Love is as fragile as silkworms. Hara Kei builds an aviary in his village and stocks it with exotic birds, until his mistress unlocks the aviary to set the birds free-- but the birds eventually all return—an act of great symbolism for the surprise ending of this novel. "Perhaps sometimes life shows you a side of itself which leaves you with nothing more to say." Love is escape. Love is return.Joncour's comes to realize a great misunderstanding. Love leads to despair and love is the path out of despair.“Insomuch as despair was an excess that had no part in him, he concentrated on what was left of his life and began once more to give it his attention, with the unshakeable tenacity of a gardener back at work the morning after the storm."To make peace with the shock of shattered dreams, Joncour performs ceremonial rituals like handling raw silk once a year, and he stares at the ripples on the lake--perhaps remembering the illusory woman in an exotic land who taught him, indirectly, to appreciate the value of the material substance of home and that which he already knows. Love creates a wake. As Machado wrote, “There is no road, just wakes upon the sea.” Sometimes the paths we trod lead us to exotic destinations and love. Sometimes the longest and most exotic roads lead us to home and love. Sometimes the road was an illusion. Sometimes we stare at ripples on the sea and remember the wakes we once created.
—Steve Sckenda
Um homem num corrupio entre França e Japão para comercializar bichos-da-seda. É casado com uma mulher que ama, está apaixonado por outra que vive no Japão, e que não é japonesa, e dorme com uma oriental que a que não é oriental lhe "disponibiliza". No final, temos uma cena de "erotismo contido" através da leitura de uma carta, lida por uma mulher a um homem que pensa ter sido escrita por uma e afinal foi escrita por outra. Tudo isto e muito mais em 123 páginas, 65 capítulos e letra tamanho 20, no mínimo. Uma laranja seca. Tem muita fibra mas pouco sumo. (Marco três estrelas, em vez de duas, porque gostei da primeira metade.)
—Teresa