Flotsam: A Novel Of World War II (2013) - Plot & Excerpts
[Mi piace guidare. E’ un’azione quotidiana che compio sempre con gusto e mai con l’indifferenza dell’abitudine. Non mi piace scendere nei box, aprire la saracinesca e allacciarmi la cintura di sicurezza. E tanto meno aspettare che quei due stupidi cancelli elettrici si aprano. Ma quando sono sulla via e comincia il viaggio, per breve che sia, allora mi sento bene. Mi piace il “canto” del motore che gira regolare. Mi piace il rumore della ventola che immette l’aria calda nell’abitacolo, d’inverno. Un po’ meno quello dell’aria condizionata, d’estate. Mi piace, se piove, il ritmico movimento dei tergicristalli. Non amo i rettilinei e mi piacciono le curve. E scalare la marcia poco prima di affrontarle, per percorrerle poi in accelerazione costante, adeguata al loro raggio, per sentire fisicamente la sensazione di “tenuta” della macchina, unita alla forza centrifuga. Da sempre, chino istintivamente il capo nella direzione in cui piega la strada, anche se mi hanno spesso preso in giro a causa di tale consuetudine.Mi piace guidare. Sì, mi piace. E tanto anche. Per questo, se da un lato mi è sempre, gradevolmente presente ogni rumore che proviene dalla vettura, dall’altro, mentre lo faccio, mi abbandono al pensiero. Associo i due piaceri, per così dire. L’uno culla l’altro. E il pensiero, oggi, mi ha condotto a questo romanzo di Remarque]Credo che ormai siano in pochi a leggerlo, Remarque. Se escludiamo il suo romanzo più famoso, “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, il resto della sua produzione sta cadendo nell’oblio. Eppure varrebbe la pena prenderlo tra le mani, a mio modesto avviso. Non si tratta di grandi capolavori. No. Ma di “onesta” letteratura sì, offerta con cura e senza orpelli. [Semaforo rosso, frenare, scalare le marce, sfruttare al massimo il freno motore, arrestarsi]La scrittura di Remarque scorre via piana, senza inciampi. Non ci sono mai periodi complicati o volutamente arzigogolati. Non ci sono aggettivi “preziosi”, sostantivi “colti” o eleganti giri di frase. Né l’indulgere eccessivo su aspetti dolorosi o brutali. E neppure racconsolanti scene di riscatto e di vittoria dei “buoni”, che trionfano sui “cattivi”, a parte qualche ingenua e innocua rivincita. La sua semplice e concretissima realtà è lì, sotto gli occhi di tutti, toccabile con mano. C’è l’assurdo della vita, espresso senza astio, ma con grande partecipazione, tanto da far sentire il lettore vicinissimo ai personaggi che tratteggia. [Semaforo verde, ingranare la prima, accelerare piano, non si sa mai, magari quello davanti inchioda di colpo, è già capitato]Tre sono, secondo me, i temi che Remarque affronta, sempre, in tutti i suoi romanzi: la guerra e il deserto che lascia dietro di sé, soprattutto nell’animo umano; il cameratismo, la condivisione, i legami che si creano tra persone che vivono la stessa situazione che li cambierà per sempre; l’impossibilità di “tornare a casa”, perché una “casa” non c’è più. [Strisce pedonali, rallentare, controllare che non ci sia nessuno che attraversi, accelerare di nuovo]In “Ama il prossimo tuo”, la guerra, la Grande Guerra, è ormai alle spalle, ma vive ancora nei ricordi di chi ci è passato, Remarque in primis. Sono accenni rapidi, ma efficaci.E un’altra guerra è alle porte, che sarà peggiore della precedente, ma che si doveva combattere per forza, perché non c’erano alternative. Fare i “pacifisti” a tutti i costi, in taluni casi, è segno di pochezza e non di saggezza. [Frenare, schivare … E ti pareva che ci facessimo mancare il ciclista amatoriale? Quello che fa zig zag tra le macchine, con la tutina attillata, dai colori sgargianti, che non è disposto a mettere un piede per terra neppure se lo minacciano di evirazione; quello con le gambette magre, magre, ma tutte polpacci e ben depilate, che fanno anche un po’ senso a vedersi, diciamocelo; quello che, benché abbia a disposizione la bellezza dei 700 ettari del Parco di Monza, ove la circolazione dei mezzi a motore è assolutamente vietata, e nonostante le piste ciclabili proliferino ovunque in città, lui no … lui deve tassativamente pedalare sulla provinciale, preferibilmente tagliando improvvisamente la strada, senza ragione alcuna, a qualsiasi cosa proceda in una qualsiasi direzione ben definita e ben segnalata]Il cameratismo e il calore dell’amicizia nata dal condividere idee, emozioni, paure, soprusi e carenze è evidente in tutti i personaggi che Remarque qui ci propone, non solo nei protagonisti. Che poi “protagonisti” sono solo per modo di dire, nel senso che, a mio avviso, la loro storia fa un po’ il paio con quella di Renzo e Lucia, ossia servono per reggere le fila del racconto, per dargli l’impalcatura, per fornire quell’unità espressiva di cui qualsiasi romanzo, fondamentalmente, abbisogna. Ma, in realtà, tutti sono protagonisti nei romanzi di Remarque, anche le figure minori, anche quelle che compaiono solo per lo spazio di poche battute. Perché questo scrittore ha saputo narrare di sé e delle proprie esperienze senza mai essere “egocentrico”. Ce le propone, questo sì, ma senza avere la presunzione o dando per scontato di stare dalla parte del giusto. “Io la vedo così”, pare dirci, “ma non pretendo che la pensiate come me. Giudicate da voi se sono credibile o no.”[Rallentare, nessuno spazio per parcheggiare, avviare l’hazard, corsa veloce per prendere due cose in farmacia e poi via di nuovo]Ma è il “non poter tornare a casa” che in questo romanzo la fa da padrone. In quell’essere stranieri ovunque, non tanto per la situazione contingente e reale che viene descritta. Perché è vero, come ci racconta Remarque, che migliaia di persone, alle soglie della seconda guerra mondiale, si sono ritrovate a non esistere più, perché private di cittadinanza e di documenti, espulse dai rispettivi paesi d’origine a causa del credo religioso o politico, condannate a vagare senza sosta tra frontiere, ma quel che è più drammatico, a mio avviso, è che queste persone sono state portate a riconsiderare il concetto stesso di “casa”. Pensavi di esserci, a “casa”. Invece ti accorgi di non esserci mai stato. Basta un attimo, basta un momento. E ti perdi la vita. Tutta quanta. [Freccia a destra, un posto libero finalmente. Mi ci infilo … ma quanto potrò restarci?]********** ”Sai” disse dopo un po’, nell’oscurità calda che li circondava “bisogna vivere come se non si potesse mai più ritornare dove si era una volta.”“Sì”, disse Kern “per me non è difficile.”“In compenso abbiamo avuto un particolare onore, le cartoline. Soltanto, nessuno di noi due sa a chi spedirle.” “E’ proprio così." rispose Kern. “Io non conosco nessuno, e quelli che conosco non hanno indirizzo.”“Per noi, per la nostra vita incostante, mangiare assieme è già un po’ come una patria.”“Non so. Non riesco a pensare di poter ritornare, un giorno.”
В романе описывается тяжелое время после Первой мировой войны в Европе, когда к власти в Германии пришла НСДАП. Невероятно глубоко и реалистично показана трагедия еврейского населения Германии — их считают третьим сортом, увольняют с работы, лишают прав, изымают документы и высылают за границу. Система доносов и провокация для личной выгоды вдребезги разбивают справедливость. Огромные армии эмигрантов вынуждены покинуть родину и искать пристанища за границей. Резко увеличившийся приток эмигрантов в странах Европы ведёт за собой ужесточение мер по борьбе с нелегальным населением. Люди вынуждены скитаться из одной страны в другую, прятаться от полиции. Получить вид на жительство — зачастую невозможная задача, ещё тяжелее получить разрешение на труд. На фоне всеобщего безумия системы, трещащей по швам, автор показывает тяжёлые судьбы людей того времени, которые не утратили способности любить жизнь.
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Eric Maria Remarque kitaplarını bitince yaşayan bir şeyler ölmüş ya da bir şeyi kaybetmiş gibi oluyorum..... Size bir şey söyleyeyim mi bayım. İnsan çekinecek olsa burnunu karıştırmak bile tehlikelidir.... Yaşasın individualizmin yok edilişi! Eski Yunanlılarda felsefe bir imtiyaz vesilesi idi. Sonra ilahi bir nevi asalet sayıldı. Daha sonra hastalıktan farksız tutuldu. Medeniyet tarihi, onu yaratanların ızdıraplarıyla yazılmıştır. .. Çok kötü bir çağda yaşıyoruz. Barış, türlü silahlar ve bombardıman uçaklarıyla, insanlık da toplama kampları ve kıyımlarla korunuyor. Bütün değer yargılarının değerden düştüğü günlerdeyiz. Bugün saldırgana barış koruyucusu da deniliyor. İzlenen baskı gören kişileri de barışı bozmakla suçluyoruz. Unutmayalım ki bunlara inanan koskocaman uluslar var.
—Aslı Can
One of the best books that I've ever read. One of the best creations of Remarque. Splendid narrative, such real storyline that actually depicts how the scenarios were back in the late 1930s, the years just preceding the Second World War. The title of the book is quite self-explanatory. The literal meaning of "Flotsam" is the floating wreckage of a ship. In this novel, Remarque skillfully sketches the lives of those ill-fated emigrants wandering across Europe just to breathe freely under the open sky, to lead a humane life. But all they can manage is to lead nightmarish gypsy lives with no sense of belonging. Having proper papers, passports, managing residential and work permits are everything for them. They pass from one border to another at the dead of night. Then this happens again and again. They have no place to go. That's the most sardonic yet pathetic aspect of their existence. They have no place in the big world that God has created for them. Their hearts are torn apart by the borders and they belong to no country. They just keep on floating. They have to. Otherwise the cruel world would get better of them and they have to capitulate. But they don't. The human spirit never dies. As they keep on floating, they keep on breathing! They smile, they sing, they play violin, they make love. The sense of love, sacrifice and camaraderie makes every page of this magnificent novel a fabulous reading experience. Remarque has magical touch! His depictions of even the minor details are so pleasant to visualize that I was entirely overwhelmed while turning the pages one after another. Long live the human spirit. Long live literature which inspire it, too!
—Ishtiaq Ahmed Fahim
Tên tiếng Việt của cuốn sách này là "Bản Du Ca Cuối Cùng của loài người không còn đất sống" một cái tên tuyệt đẹp. Tôi bị ấn tượng mạnh đến nỗi khi gặp nó lần đầu tiên trong tiệm sách cũ, không cần biết nó nói về cái gì, tôi mua liền tay.Remarque là tác giả tôi yêu thích nhất trên đời. Tôi có thể viết hẳn một khóa luận về việc tại sao tôi thích ông đến vậy. Mà thôi, hãy nói về tác phẩm này.Bạn có tin rằng con người nhiều khi không bằng mảnh giấy không? Giấy đó có thể là tiền, rõ rồi, và giấy đó có thể chỉ là cái thẻ cư trú. Để xác nhận họ được là NGƯỜI.Tôi tin rằng nếu ai có máu phiêu lưu, phươt phọt sẽ thích cuốn sách này ghê gớm, bởi nó là liên tục những cuộc hành trình từ biên giới này đến biên giới khác, từ nhà kho, quán trọ, đến khách sạn rồi cả vỉa hè, ghế đá. Nhưng khác với Phượt, đi để cho vui, còn họ, đi là để chạy trốn, cái đói, cái chết, nhà tù. Đi là để tồn tại.Hai nhân vật: Một Steiner già đời, lọc lõi, tinh quái và một Kern trẻ dại, ngờ nghệch và còn khá mộng tưởng lẫn hoài bão đều bị bắt nhốt vì cư trú bất hợp pháp. Họ che chở và cùng nhau vượt qua biết bao chặng đường dài.Có một cảnh tôi ám ảnh mãi, là lần chia tay không lời của Steiner với người vợ. Lặng lẽ, giữa phố xá nhốn nháo và đông đúc nhưng đầy thương yêu và đau đớn. Đến nỗi tôi hiểu và đau nỗi đau của người đàn ông bị buộc phải cắt lìa với tình yêu của đời mình ấy.Trong khốn khó, lầy lội và đêm đen, Remarque vẫn đem cho độc giả biết bao tình người: chia nhau từng xu lẻ, từng hớp rượu, món ăn, chỗ ngủ, và thấp thoáng hy vọng, dẫu rằng "vòm trời cao kia vẫn màu xám của vũ khí"Tôi vừa muốn viết nhiều về cuốn sách này, vừa muốn viết ngắn vì chẳng muốn tiết lộ tình tiết chút nào với những người đến sau. Chỉ biết rằng khi chiến tranh, mạng người mong manh quá, nhưng tình người cũng đủ đầy quá. Người tốt còn nhiều, hãy luôn tin như vậy, và đủ để bạn có thể sống vui vẻ, dẫu chẳng còn đất sống.Một cuốn sách nên đọc và phải đọc.
—Bach Tran Quang